SOCIAL
a10bfbfc-fbfb-4c14-8f81-0d79ee1bf773
a10bfbfc-fbfb-4c14-8f81-0d79ee1bf773
CONTATTACI
INDIRIZZO
SOCIAL

info@spazioimprese.com

Via Nizza, 53 – 00198, Roma

Via Nomentana, 56 - 00161 Roma


instagram
linkedin

+39 333 768 54 57

© copyright 2023 | C.F. 96568340580 | All Rights Reserved.

QUALE MADE IN ITALY?

2025-05-29 09:33

Array( [86865] => Array ( [author_name] => Emidio SIlenzi [author_description] => [slug] => emidio-silenzi ) [87630] => Array ( [author_name] => Andrea Striano [author_description] => [slug] => andrea-striano )) no author 86807

Made In Italy, imprese, made-in-italy,

QUALE MADE IN ITALY?

di Roberto Libera

di Roberto Libera


Quali spazi di elaborazione e di sviluppo esistono per iniziative politiche, imprenditoriali, culturali e promozionali del Made in Italy? Probabilmente, il primo tema da sviscerare a riguardo è insito nella stessa idea di ciò che è Made in Italy. Innanzitutto, i termini utilizzati per esprimere questo concetto sembrano già fuorvianti o, quanto meno, possono suscitare un moto di spontanea ironia. Come mai utilizziamo vocaboli presi in prestito dalla lingua inglese per comunicare l’idea che dovrebbe rappresentare prodotti genuinamente italiani? Ho avuto modo di ascoltare, nei dibattiti televisivi, sia giornalisti che opinionisti pronti a sollevare qualche critica a tal proposito, soprattutto nei primi tempi della istituzione del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Se dovessimo cedere a lusinghe autarchiche, utilizzare parole importate da un altro contesto linguistico, per definire una realtà di cui si vuole esaltarne, o perlomeno valorizzarne l’italianità, non sembrerebbe essere la scelta migliore. Tuttavia, ritengo che il dubbio sia facilmente risolvibile. Fermi restando i fini di cui sopra, nei confronti di ciò che può rappresentare l’identità italiana, è indubbio che veicolarli da un punto di vista pubblicitario richiede canali e forme di comunicazione adeguate alla contemporaneità, e la lingua “universale” in auge è appunto l’inglese. Entrando nel merito della definizione di ciò che si intende per Made in Italy vale la pena soffermarci su alcune riflessioni. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha come indirizzo principale quello di “supportare e sostenere le imprese nonché di tutelare la qualità, l’innovazione e l’eccellenza del Made in Italy”. C’è un aspetto, in questo indirizzo, che trovo più significativo degli altri, quello di tutelare “l’innovazione” dei prodotti italiani. In poche parole, da un punto di vista antropologico, è da considerare il doppio binario esistente nel processo di comunicazione di un significato, o di un contenuto: quello di chi comunica e quello di chi riceve il messaggio. Mi spiego, se vogliamo raccontare qualcosa di noi stessi a un pubblico esterno, lo faremo scegliendo un linguaggio che consideriamo più appropriato e selezionando solo limitati aspetti della nostra personalità o del nostro vissuto, in base a quanto intendiamo comunicare di noi stessi. Dall’altra parte, il pubblico che ascolta interpreterà sia il linguaggio da noi usato, sia le informazioni che abbiamo espresso, secondo le proprie esperienze personali e conoscenze culturali. Insomma, nel percorso comunicativo tra chi trasmette l’informazione e chi la riceve, avvengono delle trasformazioni interpretative dei contenuti comunicati. Da questa premessa giungo alle mie conclusioni. La mia speranza è che le azioni del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, unitamente alle attività promozionali delle aziende italiane coinvolte nei processi di valorizzazione dei nostri prodotti, siano dirette a costruire una immagine del patrimonio italiano che sappia far emergere soprattutto gli aspetti innovativi del Made in Italy, quindi proiettando nel futuro le capacità produttive e creative del nostro popolo, anche per evitare il rischio di replicare all’infinito lo stereotipo che spesso si ha nei nostri confronti dell’italiano “spaghetti, pizza e mandolino”.