di Andrea Striano
Responsabile Dipartimento Imprese & Mondi Produttivi – Fratelli d’Italia, Caserta
27,3 miliardi di scambi, 15.000 PMI coinvolte, 200.000 posti di lavoro sostenuti. È questa la dimensione reale dell’accordo siglato tra Unione europea e Indonesia. Non solo un’intesa commerciale, ma un patto strategico che ridisegna i rapporti con una delle economie più dinamiche del Sud-est asiatico. Con l’eliminazione del 98,5% dei dazi sui prodotti europei, le nostre imprese avranno un risparmio stimato in seicento milioni di euro l’anno: risorse che potranno tradursi in investimenti, innovazione e crescita occupazionale. Non è un dettaglio, ma un cambio di passo che conferma come aprire nuovi corridoi commerciali convenga più che alzare muri.
In un momento storico in cui molti osservatori denunciano la tendenza globale al protezionismo, l’Europa ha scelto una strada diversa. Non si tratta di ingaggiare bracci di ferro, ma di trovare soluzioni che rafforzino la nostra economia e aprano prospettive alle imprese. L’Indonesia, con oltre 270 milioni di abitanti e un tasso di crescita tra i più robusti della regione, rappresenta un partner chiave. Rafforzare i rapporti con Giacarta significa diversificare mercati, assicurare approvvigionamenti, consolidare la resilienza delle catene produttive.
Il CEPA e l’IPA, i due accordi siglati, non sono soltanto strumenti tariffari. Dentro ci sono clausole che toccano sostenibilità , diritti sociali e standard ambientali. L’Europa porta in Asia non soltanto prodotti, ma anche regole e valori. È un approccio che richiede più impegno, ma che rappresenta un marchio di fabbrica del nostro modello economico. Chi commercia con l’Unione europea accetta di confrontarsi con parametri di qualità , trasparenza e responsabilità che diventano parte integrante della relazione.
Il risparmio diretto per le imprese europee è già di per sé significativo, ma il vero valore dell’intesa è nel rafforzamento della manifattura. Settori come l’automotive, i macchinari, la chimica e il farmaceutico vedranno abbattuti ostacoli che fino a ieri limitavano la loro competitività . Le piccole e medie imprese avranno accesso a un mercato finora difficilmente raggiungibile, perché i costi doganali scoraggiavano ogni tentativo di espansione. L’apertura livella il campo da gioco, riduce il vantaggio delle multinazionali e permette anche alle aziende di medie dimensioni di competere con armi nuove.
Per l’Europa questo patto ha un significato politico evidente. In un mondo diviso tra blocchi contrapposti, la capacità di costruire alleanze bilaterali concrete è la prova che esiste una via autonoma e pragmatica. Non isolamento, ma dialogo. Non rigidità , ma apertura. Non muri, ma ponti. È un segnale forte rivolto anche ad altri partner globali: la competitività europea non passa dalla chiusura, ma dalla creazione di rapporti solidi e reciprocamente vantaggiosi.
Certo, l’Indonesia non è un mercato privo di complessità . Restano barriere non tariffarie, burocrazia e infrastrutture da potenziare. Ma queste criticità non devono oscurare il passo avanti rappresentato dall’accordo. Avere un quadro normativo più chiaro, meno dazi e un impegno politico condiviso è la condizione necessaria per superare le difficoltà . Ogni PMI che riuscirà a varcare questa soglia diventerà ambasciatrice del made in Europe, portando valore economico ma anche reputazione internazionale.
Il messaggio è semplice: i muri offrono l’illusione della protezione, ma alla lunga impoveriscono. I ponti, invece, generano fiducia, commercio e lavoro. Con l’Indonesia l’Europa ha dimostrato che questa è la strada più utile per difendere i nostri interessi. I numeri parlano da soli: 27,3 miliardi di scambi, 15.000 imprese coinvolte, 200.000 posti di lavoro sostenuti, 600 milioni di euro di risparmio annuo. È la prova che costruire soluzioni nuove e condivise conviene sempre più che cedere alla tentazione dello scontro.
Il futuro dell’Europa dipenderà dalla capacità di replicare questo modello. Non basta denunciare le difficoltà del contesto globale, bisogna tradurre i principi in accordi concreti. È così che si rafforza la manifattura, si sostiene l’occupazione, si aprono spazi per le imprese. L’intesa con l’Indonesia è una lezione di politica economica internazionale: quando si sceglie di guardare avanti, i risultati arrivano.


