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QUALI SONO LE COMPETENZE CHE LE IMPRESE ITALIANE STANNO CERCANDO

2025-05-29 10:13

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QUALI SONO LE COMPETENZE CHE LE IMPRESE ITALIANE STANNO CERCANDO

di Romano Benini

di Romano Benini


La recente analisi pubblicata da UnionCamere e dal Ministero del Lavoro sulla domanda di competenze delle imprese italiane ci offre informazioni interessanti e dense di significato sulle competenze che le imprese italiane stanno cercando e ci permette di vedere nel dettaglio quali siano le caratteristiche della domanda, ma anche dell’offerta di lavoro. Ne esce il quadro di un sistema in transizione, in cui è ancora alta la domanda di competenze con bassa qualificazione, ma che richiede ai più giovani un livello di formazione più alta rispetto al passato. I dati del lavoro curato da Ifoa ci permettono anche di avere un quadro sulla distribuzione della domanda e sul livello delle retribuzioni di ingresso e ci conferma come il mercato del lavoro sia oggi sempre di più coinvolto nelle transizioni e riguardi i giovani neoassunti solo per il trenta per cento della domanda di competenze. Le nuove generazioni definiscono in parte anche un “mercato del lavoro parallelo” in cui in genere i profili di competenze richiesti sono più innovativi e più qualificati.
Il totale delle entrate stimato dal Sistema Excelsior, che ha espresso nel 2024 il fabbisogno professionale italiano, è di 5.516.300 unità di lavoro a tempo pieno. Si tratta di un dato confermato dall’aumento degli occupati intervenuto lo scorso anno nel mercato del lavoro italiano, che ha portato al dato record di 24milioni e 300mila occupati. Le imprese italiane nel 2024 hanno cercato soprattutto qualificati e diplomati professionali (38,2%) a cui si aggiungono i diplomati nella scuola superiore (licei e istituti tecnici o professionali, 27,8%). Troviamo poi la scuola dell’obbligo, che esprime ancora oggi il 20% della domanda, mentre i laureati sono richiesti per il 12,5% del fabbisogno. Completano il quadro i diplomati superiori presso gli ITS Academy, che rappresentano una percentuale dell’1,5% sul totale della domanda, ma in quota più alta se consideriamo gli under 30. La tendenza rispetto all’anno precedente vede un aumento della domanda di qualifiche e diplomi professionali, dei diplomi tecnici superiori ITS e della scuola dell’obbligo, mentre assistiamo a un leggero calo della domanda di diplomati superiori e di laureati.
Questo dato evidentemente riguarda il dato medio rispetto a tutte le fasce d’età. Se consideriamo infatti solo il dato della domanda che riguarda i giovani under trenta la situazione appare piuttosto diversa. Va notato infatti come la domanda di lavoro, quando si rivolge alle giovani generazioni, rispetto al totale, sia significativamente superiore per quanto riguarda il dato dei laureati: i giovani laureati, infatti, sono richiesti in una percentuale più che doppia rispetto alla domanda generale, e soprattutto dei giovani postdiplomati, dato quest’ultimo che rende evidente una possibile carenza rispetto alla domanda. Più cala il livello di istruzione e meno è richiesta la presenza giovanile, a dimostrazione di come sia in corso un processo in cui il ricambio generazionale comporta un cambiamento della domanda che determina una richiesta di maggiore scolarizzazione e titolo di studio e di conseguenza di competenze più elevate. Si tratta di una tendenza già presente negli anni scorsi, che si è consolidata nel 2024, soprattutto per la fascia tra i 25 e i 29 anni. Siamo di fronte ad una fase in cui cresce complessivamente la domanda delle imprese, evidenziando una crescita costante delle entrate programmate, che si ripercuote in modo piuttosto omogeneo nei diversi profili professionali e livelli di studio. A questa crescita corrisponde una domanda di profili con determinate specializzazioni che rispondono a indirizzi ben individuabili. Tuttavia la polarizzazione della domanda su alcuni settori chiave e alcuni profili identificati dal Rapporto Excelsior non appare accompagnata da una conseguente maggiore domanda di titoli di studio più elevati. Il percorso di innovazione e qualificazione nella domanda di lavoro prosegue, ma con lentezza. Rispetto all’anno precedente, il 2024 mostra un’ulteriore spinta di crescita della domanda, ma evidenzia anche un rallentamento del processo di qualificazione dei profili richiesti. La percentuale complessiva delle entrate di laureati e post diplomati ITS Academy appare in leggero calo. Nel passaggio di fase in corso questo segnale evidenzia da parte delle imprese una condizione di “sospensione” rispetto alla innovazione necessaria per gestire la transizione e una minore presenza di condizioni di nuova occupazione di tipo espansivo. Saranno i prossimi mesi a indicare se si tratta di una “pausa di riflessione” in attesa di cogliere il consolidamento della dinamica favorevole o la prevalenza di timori rispetto all’andamento dei mercati. In ogni caso il peso specifico dei profili richiesti mostra una esigenza di “mantenimento” dell’attività in corso più che di investimento in innovazione.
La domanda delle imprese italiane presenta evidenze piuttosto significative rispetto ai profili richiesti e alle aree di riferimento. Assistiamo a una particolare polarizzazione che vede, da un lato, una domanda molto presente di profili privi di qualifica (per i quali è sufficiente l’assolvimento dell’obbligo di istruzione) o con qualifica medio bassa di tipo esecutivo (prevalente nelle qualifiche e diplomi professionali), domanda che appare in crescita rispetto all’anno precedente, e, dall’altro, alcune specializzazioni tecnico professionali, soprattutto nel manifatturiero e nel marketing, che appaiono fortemente richieste nei settori più innovativi, ma che ancora risultano di difficile reperibilità. Se consideriamo le aree produttive, i settori che esprimono una maggiore domanda sono il settore sanitario, il turistico, la meccanica, l’istruzione-formazione e il commercio al dettaglio. Nei settori con maggiore domanda è trasversalmente presente una evidente difficoltà di reperimento del personale, a conferma di alcune difficoltà ancora diffuse nei sistemi territoriali e negli strumenti di gestione dell’incontro tra domanda e offerta e nell’evoluzione del nostro sistema formativo rispetto al rapporto con le imprese. Al tempo stesso al calo della consistenza dell’artigianato tra i settori produttivi corrisponde anche una apparentemente contraddittoria difficoltà nel reperire i profili tecnici, dal carpentiere al saldatore fino a quelli più innovativi, che caratterizzano l’artigianato italiano, settore tanto determinante per la nostra industria quanto in difficoltà nel reperimento del personale.
Se consideriamo le condizioni contrattuali e salariali previste per le nuove entrate possiamo valutare come le condizioni di lavoro non siano in modo determinante legate al titolo di studio e possano variare in modo significativo anche per coloro che sono in possesso dello stesso titolo di studio, ma che hanno scelto diverse specializzazioni. Resta presente una distinzione di massima per quanto riguarda le retribuzioni e le condizioni di lavoro tra chi è laureato o post diplomato ITS e chi invece è in possesso di diploma o obbligo di istruzione. La retribuzione dei laureati o post diplomati resta mediamente più alta e soprattutto sono più presenti condizioni di lavoro stabile a tempo indeterminato. Il vero elemento di differenza rispetto alle condizioni dei titoli di studio riguarda il contratto di ingresso al lavoro, in cui per i qualificati, i diplomati professionali e soprattutto coloro che hanno solo assolto all’obbligo di istruzione, la prevalenza dei rapporti a termine è netta, mentre per i laureati ed i diplomati superiori ITS abbiamo una crescita dei rapporti stabili a tempo indeterminato o di apprendistato. Il titolo di studio fa la differenza sulla stabilità del rapporto di lavoro più che nella retribuzione offerta in ingresso e questo rappresenta uno dei motivi principali della prevalenza dei laureati tra i giovani italiani che scelgono di fare esperienze di lavoro all’estero, anche se nell’ultimo biennio sta aumentando la percentuale dei giovani che rientrano, anche per via degli incentivi previsti. Se consideriamo la condizione del reddito proposta in ingresso abbiamo differenziali soprattutto per le specializzazioni più richieste, ma per le professioni meno richieste i redditi di ingresso non cambiano in modo molto significativo tra i titoli di studio. Con l’eccezione dei laureati in economia che entrano nel mondo finanziario, piuttosto ben pagati, le retribuzioni medie e minime in entrata non presentano valori così distanti in ragione del titolo di studio ed in genere non sono alte. La differenza tra le retribuzioni è in Italia ancora data soprattutto dal rapporto tra titolo di studio ed esperienza specifica nel settore. Lo sguardo di insieme ai dati Excelsior sulle entrate programmate lo scorso anno ci mostra un mercato del lavoro in cui la domanda è in evidente crescita, anche per via del passaggio generazionale in corso, e si posiziona su aree di competenza piuttosto definite. Tuttavia, se da un lato la domanda espressa dai settori più tradizionali dell’economia italiana è costante, le potenzialità di innovazione sono per ora rese evidenti soprattutto nella necessità di reperimento dei profili che riguardano la transizione digitale ed ecologica. Dalla analisi delle competenze richieste, il sistema Italia sembra ancora coinvolto in questi mesi in una fase di preparazione, come per esempio si evince anche dalla domanda di profili professionali chiamati ad operare nel settore della formazione. Il superamento dell’attuale fase di transizione richiede un conseguente investimento per il rafforzamento dei profili in termini di capacità e di competenza più esposti al cambiamento e di quelli richiesti per la gestione dei relativi processi di adeguamento. In particolare l’Italia appare in ritardo nella presenza delle competenze collegate alla transizione digitale ed all’innovazione tecnologica, soprattutto per quanto riguarda l’intelligenza artificiale.