VIOLENZA DI GENERE: entra in vigore la direttiva UE

di Adriana Calì


Il 13 giugno scorso è entrata in vigore una direttiva (Direttiva UE 2024/1385) importantissima per le donne: un atto di indirizzo a tutti gli Stati Membri che dovranno ratificarla (speriamo nel più breve tempo possibile) per contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica (fenomeno ampiamente diffuso nel nostro Paese e sommerso).
Come si legge dalla comunicazione ufficiale della Commissione: “le nuove norme sono risolute contro la violenza di genere e vietano le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni forzati e le forme più diffuse di violenza online, come la condivisione non consensuale di immagini intime (compresa la generazione di deepfake, ossia video intimi realistici ma falsi), lo stalking e le molestie online (compreso l’invio non richiesto di immagini intime o cyberflashing).”
La violenza online è una questione da affrontare urgentemente, data la sua diffusione esponenziale. Le nuove norme dell’UE aiuteranno le vittime di violenza online negli Stati membri che non hanno ancora configurato come reato tali atti. Gli Stati membri hanno tempo fino al 14 giugno 2027 per recepire la direttiva nel loro diritto nazionale. Un tempo troppo lungo, specialmente per la situazione in Italia. Pur accogliendo questa Direttiva con conforto e speranza per il futuro, restano moltissimi aspetti in sospeso. Tuttavia, il percorso normativo è stato duro e difficile quindi, il compromesso, è comunque da considerarsi una conquista.
Gli aspetti positivi: la legge prevede l’incriminazione in tutta l’Ue per reati di: mutilazione genitale femminile, matrimonio forzato, condivisione non consensuale di immagini intime, stalking e molestie online, così come l’incitamento all’odio o alla violenza via internet. Introduce aggravanti come l’esercizio ripetuto della violenza contro le donne, la violenza contro persone vulnerabili o bambini e l’uso di livelli estremi di violenza. Inoltre, deve essere garantito dai Governi un più facile accesso alla giustizia per le vittime di violenza di genere e fornire loro un livello adeguato di protezione e supporto specializzato. Purtroppo, non sono tutte rose e fiori. Anzi. La normativa non affronta lo stupro come “reato”. Alcuni Paesi dell’Est europeo (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca) hanno espresso voto contrario sull’intero testo in quanto contiene la definizione di stupro come «rapporto sessuale senza consenso» (Convenzione di Istanbul del 2011), specificando che il consenso deve essere dato «volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona». Altri Paesi come Francia, Germania e Svezia hanno espresso dissenso solo riguardo all’articolo 5 in quanto il caso dello stupro è di competenza del diritto penale interno agli Stati.
Altri punti che hanno fatto molto discutere, oltre quindi la definizione di stupro basata sul consenso come definito nella Convenzione di Istanbul, sono: a) l’eliminazione delle «molestie sessuali nel mondo del lavoro”, tema che ha già scatenato la reazione dei sindacati italiani, e b) la diffusione di immagini intime, non riconosciuta come violenza in sé, ma è tale solo se la vittima può provare un grave danno. Nessun riferimento quindi alla necessaria formazione di magistratura e forze dell’ordine in relazione al tema della violenza connotata dal genere (da Famiglia Cristiana, articolo del 7 febbraio 2024).
Cosa devono fare da adesso in poi gli Stati Nazionali?
I singoli Paesi possono (devono, a mio avviso) andare oltre, cercando di approvare Leggi ancora più tutelanti verso le donne. La stessa Direttiva prevede una valutazione di “metà periodo” ovvero ogni cinque anni la Commissione, su richiesta del Parlamento (da porre quindi all’attenzione dei neo - eletti eurodeputati), può rivedere le norme e verificare se esse sono efficaci.
In Italia abbiamo fatto qualche passo in più: si trova nella giurisprudenza un riferimento alla maggior tutela poichè la Cassazione ha dato un’indicazione interpretativa che stabilisce che, per definirsi consensuale un atto sessuale deve mantenere il consenso per «tutta la sua durata senza interruzioni né esitazioni».
E per quanto riguarda i progetti? Quali iniziative possono essere intraprese?
Un progetto finanziato con fondi Ue si pone proprio questo obiettivo: si tratta della iniziativa “Azioni per l’inclusione lavorativa delle donne vittime di violenza” (https://www.scuolapescarini.it/inclusione-sociale-e-lavorativa-donne-vittime-di-violenza/), iniziativa che coinvolge le operatrici dei centri antiviolenza e le vittime ai fini di elaborare con loro un progetto personalizzato di attività. Un percorso formativo e di sostegno fino all’inserimento nel lavoro e alla conquista della propria libertà ed economia finanziaria. Progetto finanziato dalla Regione Emilia-Romagna con il Fondo sociale europeo Plus principale strumento finanziario con cui l’Europa investe sulle persone per qualificare le competenze dei cittadini e contrastare le diseguaglianze. Anche nel Lazio, in passato, sono stati finanziati percorsi similari ma con l’attuale programmazione 2021-2027 è urgente dare seguito ad iniziative efficaci per poter dare seguito alla Direttiva contro la violenza sulle donne.